SULLA POESIA (1999)
La nostra missione di lettori
contemporanei è di sottrarre il poeta ai pregiudizi, che lo descrivono talvolta
come un sognatore perditempo, un personaggio con la testa tra le nuvole, avulso
e lontano dalla realtà di tutti i giorni. Bisogna invece scoprire il volto
concreto della poesia, i suoi collegamenti con la conoscenza sensibile e non
solo. Grandi pensatori come Martin Heideger, e persino
"razionalissimi" scienziati, come il fisico nucleare Ettore Maiorana,
hanno visto nella poesia una forma di conoscenza, un mezzo per raggiungere le
più alte verità.
Non è tanto l’utilità della
poesia, sul piano etico-civile e sociale quello che le conferisce significato
universale, ma la sua inutilità, nel senso di un meditato opporsi all’utile in
senso politico-economico, come anche nell’accezione del rifiuto di un tornaconto
personale, contrario allo spirito autentico della poesia.
La poesia, modalità
alternativa del linguaggio ordinario, e come tale coinvolta con l’inconscio
collettivo, i suoi miti e simboli universali (archetipi), può assolvere un ruolo significativo in tempi di
globalizzazione, proprio in virtù e per merito della funzione intermediatrice
del poiein, del “fare” poetico.
Furono poeti i Trovatori, che nel Medioevo si recavano nelle varie corti
d’Europa parlando come linguaggio comune il linguaggio della poesia. Ai poeti
dobbiamo la nascita delle varie lingue europee, perchè fu per il loro tramite
che i volgari nazionali furono assurti al rango del latino fino a sostituirlo.
L’immaginazione linguistica di Dante, ad es., forgiò molti termini dell’italiano che parliamo ancora adesso;
qualcosa di analogo si può riscontrare a proposito del mondo anglo-sassone, con
Shakespeare, il cui contributo all’evoluzione dell’inglese è stato storicamente
decisivo. Sono dei semplici ma significativi esempi, che dimostrano l’incidenza
benefica della poesia sulla vita.
Negli anni Settanta, nel corso
di una celebre intervista, il poeta inglese Hugh Wystan Auden disse: "la
poesia non ha salvato nessun ebreo da Auschwitz... l’unico compito possibile
per la poesia e i poeti è preservare la purezza della lingua dalla
corruzione".
In realtà, leggendo le
memorabili pagine di Se questo è un uomo di Primo Levi si scopre come gli ebrei
dei lager versi traessero dalla poesia sublime della Divina Commedia di Dante
la forza di lottare per la sopravvivenza, rincuorati da un’esortazione
straordinaria, che fa venire i brividi “Fatti non foste a viver come bruti/ma
per seguir virtute e canoscenza” (Inferno, canto XXVI). Evidentemente Auden aveva torto: probabilmente
senza la poesia qualcuno non avrebbe avuto la forza di resistere a tanto
orrore...
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