DISABILI, CONDANNATI DUE VOLTE!

Parlare di disabilità non significa registrare fatti anonimi, ma raccontare delle vite, delle vite reali che si vorrebbero relegare nell’ombra di un’estrema solitudine lontana dal mondo e dalla storia.

Sono esistenze dimenticate, per le quali si continua a fare troppo poco, e male, malissimo. E non ci riferiamo alla politica, inqualificabile degli ultimi decenni, in verità ce n’è per tutti. Perché il problema dell’handicap non è e non può essere archiviato solo nel reparto politica. Governo, regioni e altri enti locali, per quanto deboli e carenti su più fronti, sono comunque l’espressione della società, e se la politica non opera correttamente, ciò avviene perché l’opinione pubblica non avverte la disabilità come una questione di vitale importanza. E gli amministratori si dedicano ad altri temi, che saranno pure di rilievo, ma non concernono quell’antica questione di diritti civili e libertà fondamentali negati che rinvia al mondo della disabilità. La stampa periodica e i quotidiani ne trattano, talvolta, ma sorvolano sulle cose che contano, come il grave deficit di autosufficienza economica, la mancata applicazione della normativa europea ed ONU in materia del diritto alla felicità del cittadino e della cittadina disabile, etc… Cose che non sono astratte come sembrano, perché hanno delle ripercussioni sulle vite di tanti disabili, condannati due volte, la prima dal destino ingrato che li inchioda al loro handicap senza che abbiano mai fatto nulla per meritarlo, e la seconda volta da una collettività indifferente al fatto che tante persone non possono vivere in libertà e piena autonomia, a causa dell’intreccio perverso di barriere architettoniche, sociali e mentali. Che ghettizzano una parte consistente della cittadinanza italiana rendendo ancor più difficile una condizione di minorità e debolezza che dovrebbe essere, al contrario, semplificata e se possibile annullata da una nuova consapevolezza del problemi delle persone disabili.

Non so se pubblicare tanti articoli sull’handicap abbia sortito gli effetti sperati. Forse non si fa altro che perdere tempo, gettando tante parole al vento. Ma l’ho fatto nella convinzione che il vento trasporta lontano le voci, e così facendo può raggiungere tutti i luoghi e tutti i cuori. Chi ha letto i miei inviti a riflettere , ha sicuramente scoperto qualcosa di nuovo sulla disabilità, è stato sollecitato a farsi delle domande. E sono proprio le domande il punto di partenza, se è vero che, come affermava il filosofo Gadamer, ha più conoscenza chi ha più domande. Con buona pace dei dispensatori di facili certezze!

Di Domenico Turco (2011) - TUTTI I DIRITTI RISERVATI@

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